IL FUTURO DEL CALCIO DILETTANTISTICO SI GIOCA SUI GIOVANI
05-01-2012 10:10 - RASSEGNA STAMPA
La vocazione alla politica della "linea verde", in casa Lnd, viene da lontano, rappresentando da sempre un punto significativo nell´agenda strategica del movimento. Ma negli ultimi anni, la promozione delle giovani leve ha conosciuto una significativa escalation, grazie ad una serie di riforme condivise che hanno il pregio di interpretare in profondità il calcio nella sua accezione "Dil" più corretta, favorendo progettualità di crescita sempre più in linea con le reali possibilità degli attori sul territorio.
Parliamo naturalmente di quella che nel gergo comune è passata come la politica dell´obbligo dei giovani avviata tre anni fa e giunta nel pieno funzionamento nella stagione corrente, oggetto di ampi confronti e concertazioni fra tutti i responsabili nazionali e regionali del sistema Lnd e da questi condivisa nelle loro singole aree d´intervento con le rispettive Società.
Un progetto che s´inserisce perfettamente nel disegno di rilancio dei vivai adottato dalla Figc sull´onda della débacle dei Mondiali 2010, peraltro lanciato dalla Lnd ben prima della disastrosa campagna azzurra del Sudafrica, a cui va il grande merito di portare avanti un´azione massiccia sul fronte della cultura sportiva e dell´educazione gestionale, accentuando l´attenzione da parte delle Società Lnd sull´importanza di "costruire in casa i talenti da promuovere per le proprie prime squadre", come ben sottolinea Arrigo Sacchi, responsabile delle Nazionali giovanili Figc, nel suo intervento pubblicato in queste pagine.
Omonimo di Sacchi per l´incarico sul fronte dilettantistico, in qualità di responsabile delle Rappresentative di Serie D e U18, Alberto Mambelli, Vice Presidente vicario della Lnd, mette l´accento sulla spinta che una reale politica di costruzione dei vivai può imprimere alla valorizzazione dei giovani dilettanti sulla scena professionistica, definendo la riforma voluta dalla Lega come un "percorso ineludibile", tanto più nella congiuntura politica ed economica che conosce oggi il nostro Paese.
Ma, si sa, al di là delle buone intenzioni e delle migliori costruzioni teoriche, nessun progetto ha possibilità di successo se non è fondato sulla concertazione e sulla condivisione da parte di coloro che fattivamente sono chiamati ad adottarlo, in questo caso le Società Lnd dalle Valle d´Aosta alla Sicilia.
Al di là delle innegabili perplessità e difficoltà registrate agli esordi, la riforma ha via via incontrato grande disponibilità da parte degli interessati e un diffuso consenso man mano che la sua adozione procedeva. Certo, non sono mancate contrarietà e difficoltà, restano tuttora riserve da sciogliere, ma nel complesso l´universo dei Dilettanti si riconosce nella linea strategica adottata dal suo vertice, interpretandola con molta più facilità di quanto non ci si potesse attendere. Ne abbiamo parlato con i Presidenti Regionali della Lnd, primi depositari della "rivoluzione giovanile Lnd", con cui abbiamo disegnato una mappatura "dell´intensità del verde" nelle diverse aree d´Italia.
Incentivare e non obbligare
E´ un verde molto intenso, ad esempio quello che colora la cartina della Calabria che, ha scelto di andare ben oltre il limite minimo stabilito dalla Lnd: "L´obbligo per l´Eccellenza è fissato a quattro ´Under´ - racconta il Presidente Saverio Mirarchi -. All´inizio c´è stato qualche ´borbottio´ fra le Società ma oggi, alla prova dei fatti, sono tutte molto tranquille. Le lamentele arrivano, al massimo, da qualche tecnico ma credo che sia un problema più di capacità di lavoro con i giovani che di carenza di ´materia prima´: i ragazzi nel nostro territorio non mancano e i club, in particolare quelli di Eccellenza che sono concentrati per la maggior parte nei grandi centri, sanno bene che senza sviluppare un buon settore giovanile non si può sperare di andare lontano. Non sarà certo un caso se, fra Eccellenza e Promozione non c´è società che decide di trascurare il campionato Juniores pagando la ´multa´".
Situazione non dissimile anche in Campania dove, racconta il Segretario Vincenzo Pastore, "l´obbligo di utilizzo dei giovani è stato introdotto nei campionati ben prima che diventasse vincolante a livello nazionale. Di conseguenza, le nostre Società non hanno avvertito nessun ´contraccolpo´ con l´introduzione di questa riforma, né al Comitato sono giunte lamentele o rimostranze. Trovo risibili le affermazioni di alcuni tecnici in merito all´inadeguatezza fisica o tecnica di questi ragazzi: se la Lega Pro sprona i suoi club all´uso dei giovani come possiamo pensare di non fare altrettanto noi Dilettanti, che rappresentiamo la base di tutto il movimento calcistico nazionale?".
Sulla stessa lunghezza d´onda anche i CR di Basilicata, Puglia ed Emilia Romagna: "Le nostre società - Spiega Pietro Rinaldi, numero uno dei Dilettanti lucani - hanno capito perfettamente che i giovani rappresentano il loro futuro, anche da un punto di vista economico. C´è stata ampia condivisione nei confronti della riforma". E non dissimili sono le voci che si levano da via Nicola Pende a Bari: "Abbiamo scelto di sottoporre alle Società una specie di referendum per decidere se limitarci all´obbligo ´nazionale´ o se innalzare il limite minimo a tre under - spiega Vito Tisci, Presidente del CR Puglia -. La maggioranza dei club si è pronunciata per la seconda opzione e oggi c´è davvero piena adesione". "In Eccellenza e Promozione - spiega Maurizio Minetti, Presidente del CRER - abbiamo innalzato l´obbligo a tre giovani su richiesta unanime delle società. In primavera abbiamo già previsto un tour di incontri con i club per fare il punto della situazione e capire come è andata la prova sul campo e quali eventuali correttivi prevedere".
A queste posizioni fanno eco quelle del CR Sicilia: "Nei nostri campionati - spiega il Presidente Sandro Morgana - l´utilizzo obbligatorio degli Under è una realtà consolidata da tempo, culmine di un percorso cominciato anni fa che ci ha portato ad avere fino a quattro Juniores obbligatori per le squadre che militavano in Eccellenza. Oggi siamo scesi a tre per permettere ai club di lavorare al meglio anche in vista dell´introduzione del calciatore fidelizzato. Stiamo svolgendo un´opera di informazione serrata e capillare affinché i club non si facciano cogliere impreparati: la prossima stagione non schierare il ´94 fidelizzato significherà perdere la partita ma le Società non potranno dire che ´non sapevano´..."
Sull´approccio alla comunicazione verso le società è concorde anche il Presidente del CR Umbria Luigi Repace: "Il nostro Comitato è stato davvero ´assillante´ con le Società interessate dalla riforma - spiega -, incluse quelle di Promozione che, in caso di vittoria e salto di categoria a fine stagione, non saranno esentate dall´obbligo di utilizzo del calciatore fidelizzato".
Nessuno scossone neppure in "casa" Piemonte-Val d´Aosta dove l´asticella dell´obbligo è fissata a quota tre giovani: "Quest´obbligo esiste già da tempo - spiega il Presidente Ermelindo Bacchetta - e, di conseguenza, le nostre Società non hanno mosso particolari critiche alla riforma in sé. Certo, qualche lamentela dettata dall´inserimento ´forzato´ dei ´94 per questa stagione e dei ´95 per la prossima c´è stata ma credo sia legittima: per pensare di far giocare ad un certo livello un ragazzo del ´94 per tutti i 90 minuti del match bisognerebbe pensare di riformare da subito anche i campionati Allievi uniformando la durata delle loro partite (oggi da 80´, ndr) a quella degli adulti".
Pollice su per la riforma, infine, anche a Roma, dove "Le Società sono davvero contente - spiega il Presidente del CR Lazio, Melchiorre Zarelli -: abbiamo optato per fissare l´obbligo a quattro giovani per l´Eccellenza e a tre per la Promozione, oltre ai quattro U21 previsti per la Serie C1 di Futsal. Credo che il calcio abbia bisogno di innovare e ´svecchiarsi´: non si può pensare di continuare a giocare ad alti livelli per tutta una vita. Si può continuare a ´giocare´, quello sì, ma i giovani devono essere la nostra priorità".
Il fronte dello scetticismo
Fra le numerosi voci entusiaste si leva anche qualche commento meno positivo. E´ il caso, ad esempio delle Società del Comitato Prov. Autonomo di Bolzano che, per un mix di situazioni legate sia alla geografia del territorio di riferimento che alla natalità, rischiano di trovarsi in affanno nel tentativo di rispettare l´obbligo. "Il nostro territorio è piccolo e non abbiamo ´grandi numeri´ in determinate annate - spiega il Presidente Karl Rungger -. Le società fanno fatica ad adeguarsi all´obbligo e penso proprio che ne farebbero molto volentieri a meno. Credo sia necessario studiare delle soluzioni alternative o, eventualmente, valutare la possbilità di lasciare ai Comitati una certa libertà di scelta" .
Di parere simile è anche il Presidente del CR Veneto, Fiorenzo Vaccari: "Le nostre Società non vivono bene questa imposizione: se un giovane è valido qui non ha nessuna difficoltà a trovare posto e, viceversa, è difficile spiegare ad un calciatore di 22 o 25 anni perchè da un anno all´altro si ritrova a non poter più giocare in Eccellenza ed è costretto a scendere in Prima Categoria per fare posto a ragazzi meno bravi di lui". E anche sul fronte economico questa riforma lascia qualche perplessità nelle Società venete: "Certo - prosegue- l´uso di giovani del proprio vivaio rappresenta un risparmio ma molti club sono ancora convinti che ´pagare´ il prestito di un ragazzo, scelta di certo non economica, sia meno gravoso che mantenere e sviluppare un settore giovanile adeguato. è un problema di ´cultura´ su cui sarà necessario lavorare ancora a lungo". Così come sul "Fidelizzato": "Sarà dura per le società e già mi immagino le difficoltà per la prossima stagione. L´idea alla base della riforma, quella di dare più spazio ai giovani, era assolutamente condivisibile. Ora credo che solo l´analisi della messa in pratica ci potrà dire se le società hanno davvero compreso il meccanismo. E soprattutto, se funziona".
L´idea della verifica sul campo convince anche Ettore Pellizzari, Presidente del Comitato Provinciale Autonomo di Trento: "Credo che fra qualche anno sarà necessario fare una ricerca sugli esiti di questa riforma e temo che il quadrò non sarà molto roseo. Nelle intenzioni, si tratta di una politica pienamente condivisibile ma l´applicazione a suon di obblighi non mi convince affatto: penso a tutti quei giovani che scenderanno in campo per obbligo e non per diritto ´conquistato´ sul campo, atleti che nel giro di un paio d´anni verranno ´dismessi´ perché non più utili... Personalmente ritengo che questo potrebbe favorire l´abbandono del calcio anche in età molto giovane e di sicuro questo non è positivo". E la posizione di Pellizzari è critica anche sul versante degli effetti della riforma sui campionati giovanili: "Ogni Società deve portarsi in prima squadra non meno di sei, sette ragazzi. Ma in questo modo cosa rimane delle squadre Juniores e Allievi? Non rischiamo, inoltre, di favorire un ´mercato al rialzo´ dei giovani?". "Secondo me - continua Pellizzari - avremmo dovuto valutare meglio le conseguenze della riforma, magari procedere a qualche sperimentazione e poi, nel caso di riscontri positivi, trasformarla in ´legge´. Una legge che, comunque, avrebbe dovuto prevedere, a mio parere, un sistema basato su incentivi più che su obblighi".
Un lavoro di rifinitura
Di sistema premiante e incentivante parla anche il Presidente del CR Marche, Paolo Cellini: "Ispirandoci alla Lega Pro abbiamo istituito premi di tipo economico, per l´Eccellenza e per la Promozione, basati sul calcolo dei minuti di effettivo utilizzo dei giovani: riteniamo che una Società che usa i giovani per più tempo meriti degli incentivi. In questo modo abbiamo favorito il recepimento della nuova norma e siamo andati incontro alle esigenze dei club che, dal punto di vista economico, non stanno vivendo un momento semplice". Favorendo l´utilizzo di più giovani per periodi più lunghi si contribuisce poi ad aumentare l´esperienza dei ragazzi "In modo che incontrino meno difficoltà a ricollocarsi nelle categorie maggiori una volta usciti dall´ombrello protettivo dell´obbligo". Un obbligo, comunque, che andrebbe esteso, secondo Cellini, "in alto e in basso": "Bisognerebbe intervenire anche a monte, in serie D, e a valle: occorre un meccanismo che armonizzi il tutto tenendo conto dei passaggi di categoria delle Società da un anno all´altro".
Posizioni condivise anche dal Presidente del CR Molise, Piero Di Cristinzi: "In caso di passaggio di categoria, la regola del Fidelizzato è davvero di difficile applicazione: il rischio è quello di trovarsi di fronte a squadre costrette ad abbandonare il campionato conquistato sul campo perché prive dei ragazzi necessari". Una situazione paradossale che potrebbe essere risolta tramutando l´obbligatorietà in meccanismo premiante: "Invece che penalizzare chi non può schierare in campo il fidelizzato, premiamo chi riesce a farlo e inneschiamo un meccanismo virtuoso che, al tempo stesso, ci mette al riparo dal rischio di perdere squadre lungo la strada. Oggi, con la regola della ´sconfitta a tavolino´ per chi non rispetta la norma, il rischio è proprio quello. Poniamo il caso di una società che da un anno all´altro ´smarrisca´ per strada sette fidelizzati - non è impossibile, vista l´età dei ragazzi -: dovremmo impedirle di iscriversi al campionato, retrocederla? No, credo che certe regole non possano funzionare a livello nazionale ma che servano ´declinazioni´ specifiche a seconda delle singole realtà territoriali".
Proposte verso il futuro
Fra le voci entusiaste e quelle un po´ più critiche ci sono poi quelle di chi, pur plaudendo e sostenendo la riforma, punta lo sguardo al futuro prossimo, rilanciando la possibilità di alcune correzioni "in corso d´opera", per rendere una buona riforma ancora migliore. E´ il caso del Presidente del CR Trentino Alto Adige, Osvaldo Carbonari: "Le norme ci sono e, sebbene con qualche difficoltà, le nostre Società si sono adattate e sono pronte a rispettare gli obblighi. Credo, tuttavia, che questa riforma vada in parte rivisitata raccogliendo tutti i dati emersi da questi primi anni di applicazione. Un esempio su tutti? Aver previsto lo stesso limite di età per Eccellenza e Promozione ha messo seriamente in difficoltà molti club, in particolare in zone dove i ´numeri´ del movimento sono più esigui. Basterebbe ipotizzare due limiti d´età diversi e tutto si semplificherebbe molto".
A spingersi oltre è il Presidente del CR Liguria, Antonio Sonno: "La regola è moderna e trova tutto il mio consenso ma è stata innestata su un ´telaio´ normativo che ha bisogno di essere svecchiato. Abbiamo permesso l´ingresso in Eccellenza e Promozione di Società prive di vivaio e questo ha dato inevitabilmente vita ad un ´mercato´ dei fuoriquota. In più abbiamo mantenuto l´obbligatorietà per la Juniores quando sono principalmente gli Allievi - e i Giovanissimi, se pensiamo, in prospettiva, al Fidelizzato - a fornirci i fuoriquota. Persino da noi in Liguria, dove i settori giovanili sono una realtà numerosa e diffusa capillarmente, si è creata una spiacevole ´compravendita´ dei ragazzi, mi immagino altrove, dove i numeri sono altri". Come correggere il tiro? Secondo il numero uno dei Dilettanti liguri la soluzione potrebbe essere quella di abbassare l´età della Juniores di un anno, "fermandola" a 17 anni. "A 18 non puoi più essere considerato un ´giovane´: basta pensare ai Prof. che cominciamo a monitorare e prendere sotto l´ala ragazzini di 12-13 anni... Di conseguenza andrebbe abbassata anche l´età degli Allievi, eliminando la ´Fascia B´ dove si convogliano quelli con un anno in meno".
Posizione condivisa anche dal Presidente del CR Sardegna, Andrea Delpin, fermo sostenitore della validità della riforma: "Parlare di giovani significa parlare di ragazzi fino ai 17: dovremmo davvero abbassare di un anno l´età degli Juniores e dare ad Allievi e Giovanissimi più tempo per svilupparsi, in particolare, sul piano fisico". Piccoli ritocchi che darebbero alla riforma le ultime "pennellate" per renderla praticamente perfetta: "Era una riforma necessaria - prosegue Delpin -: quasi sempre i presidenti preferiscono puntare su un giocatore più ´anziano´ impedendo a giovani promettenti di sviluppare sul campo le proprie doti. Ma un ragazzo ´bravino´ migliora solo se gioca! Uscito ´dall´ombrello´ dei fuoriquota, poi, avrà posto in squadra solo se è cresciuto, si è fatto valere ed ha mostrato le proprie capacità in campo: se a 22 anni non hai saputo conquistarti un posto da titolare è ora di pensare a fare qualcosa di diverso che non sia giocare a pallone". Pochi dubbi, quindi sull´opportunità o meno della riforma, e altrettante certezze sulla bontà della norma sul Fidelizzato: "Dobbiamo avere il coraggio delle nostre scelte: è una regola sacrosanta e va sostenuta, magari inserendo qualche correttivo ad hoc che tenga conto delle situazioni specifiche di promosse e retrocesse. Ma sulla sua ´opportunità´ non ho alcuna riserva: non si possono continuare a comprare giovani ´al bisogno´ per estrometterli quando non servono più per rispondere all´obbligo. Quando hai lavorato per anni su un ragazzo è inevitabile pensarci sopra due volte prima di lasciarlo andare..."
E quando si parla di "credere nei giovani" non si può che concludere con la provocatoria posizione di Felice Belloli, Presidente del CR Lombardia: "Giuseppe Bergomi è diventato Campione del Mondo a 17 anni: nei giovani bisogna credere sul serio, altrimenti sono solo belle parole. Personalmente, condivido questa riforma al 100% e anzi, penso proprio che i ´fuoriquota´ dovrebbero essere i giocatori ´anziani´. Immaginate come sarebbe entusiasmante vedere in campo solo 3 o quattro fuoriquota massimo trentenni in mezzo a squadre composte soltanto da veri giovani!".
Commenti > Arrigo Sacchi
"L´attenzione della Lnd sul tema della valorizzazione dei giovani è uno dei fattori che può aiutare il calcio italiano in quel progetto di rilancio dei vivai nazionali che la Figc ha avviato dopo il Mondiale 2010. Perché attraverso le sue rappresentative, l´U18 Dilettanti e la selezione di Serie D, la Lnd ha dimostrato la vitalità del calcio italiano di base, nei test con pari formazioni internazionali e di fronte ai club prof nella Viareggio Cup; e perché attraverso le normative sull´utilizzo dei giovani nei suoi campionati ha indicato alle società l´importanza di "costruire" in casa i talenti da promuovere per le prime squadre o da lanciare verso palcoscenici più importanti. E´ su questi due aspetti che si è basata parte del nostro lavoro in questo anno e mezzo: siamo riusciti a rinnovare il campionato Allievi Prof, in attesa di ridurre l´età della Primavera, per poi trovare il consenso sulla squadra "Riserve"; per le Nazionali Giovanili azzurre abbiamo scelto tecnici che lavorano secondo uno schema comune, mettendogli vicino osservatori che seguano i calciatori più validi nelle rispettive società, abbiamo ricostituito la Nazionale U15, avviando test internazionali di alto livello per confrontarci con le squadre europee più forti. Siamo consci che dobbiamo ancora lavorare sulle cause che hanno ridotto la competitività del calcio giovanile italiano: siamo indietro sulla quantità del lavoro settimanale, sui corsi di specializzazione e aggiornamento per i tecnici di base, sulla cultura del lavoro e della sconfitta, sugli investimenti dei prof per i vivai.
C´è poi molto da fare anche dal punto di vista tecnico e colgo l´occasione per rivolgermi alle società Dilettanti: ai dirigenti ricordo che la loro missione sportiva non può prescindere dagli investimenti sulle infrastrutture e sul materiale umano, i tecnici; agli allenatori voglio dire di avere il coraggio di puntare ad un calcio globale, basato su squadra corta, con reparti collegati e che sappia fare pressing, possesso palla e rapide transizioni, una squadra in cui tutti i calciatori siano coinvolti in un copione di gioco in grado di migliorare le individualità. Perché, il calcio è uno sport di squadra con momenti individuali, non uno spettacolo multiplo di solisti".
I commenti > Alberto mambelli
Nella discussione sull´utilizzo dei giovani nelle categorie dilettantistiche interviene il Vice presidente Vicario della Lega Nazionale Dilettanti Alberto Mambelli che, ricoprendo da anni il ruolo di responsabile delle rappresentativa di Serie D e di quella Under 18, ha uno spettro chiaro della situazione dei vivai italiani. "La politica adottata dalla Lega in riferimento all´impiego dei giovani è sacrosanta - afferma Mambelli -; certo può essere continuamente migliorata, infatti ogni anno il Consiglio della LND discute animatamente cercando di andare incontro alle esigenze del territorio, ma i risultati ci danno ragione". Le motivazioni sono tecniche ed economiche: "E´ indubbio che si tratti di un cambiamento culturale perché per non impoverire una rosa competitiva e non accrescere le spese del club bisogna iniziare ad investire sul settore giovanile: chi può contare sui propri ragazzi ha la possibilità di abbattere i costi e puntare su un calciatore che conosce già le dinamiche di squadra e società". D´altronde è un percorso ineludibile, anche perché pure la Federazione, con l´incarico per le nazionali giovanili affidato ad Arrigo Sacchi, ha imboccato questa direzione. In termini di valorizzazione dei talenti, sono centinaia i giovani di Lega che compiono il salto di categoria a fine stagione, molti di questi grazie alla vetrina offerta dalle rappresentative LND. "Ogni anno offriamo ai campionati professionistici ragazzi interessanti che oggi ritroviamo protagonisti in squadre importanti - sottolinea Mambelli -; i vari Cappelletti e Falcinelli (Sassuolo), Caputo (Bari) rappresentano la punta dell´iceberg, ma dietro di loro c´è un movimento che dimostra grande vitalità e qualità". Più che il terzo posto alla Viareggio Cup del 2009 ed i numerosi successi internazionale dell´Under 18, ai vertici della LND conta promuovere il lavoro svolto dalle società dilettantistiche, il vero bacino in cui pescare per ridare smalto al calcio italiano.
Dentro le regole
Il nodo delle "nobili decadute"
Discorso a parte, secondo il Presidente del CR Umbria, Luigi Repace, meritano le "nobili decadute", le società retrocesse dalla Serie D: "Nei prossimi Consigli di Lega sarà necessario confrontarsi per capire come gestire quei club dell´Interregionale che non potranno essere in regola sul piano del ´fidelizzato´ in virtù del fatto che non hanno un settore giovanile proprio. Credo comunque che si tratti semplicemente di prevedere dei correttivi, non certo di abbandonare un progetto perseguito con tenacia da oltre tre anni".
E sulle retrocesse dalla Serie D punta l´attenzione anche Renzo Burelli, Presidente del CR Friuli Venezia Giulia: "Credo che alcuni club, in particolare quelli nella massima serie dilettantistica, non abbiamo capito esattamente la portata della riforma che introduce il calciatore fidelizzato e non si stiano organizzando per tempo in vista di una possibile ´discesa´ verso l´Eccellenza. Dovremo valutare bene come gestire questo tipo di situazioni". Situazioni che non rappresentano, invece, un problema per i club già impegnati nelle competizioni regionali: "Probabilmente, se non fossero i media a parlarne creando un ´caso´, nessuno si stupirebbe di questa riforma - incalza il Presidente Burelli -. Le nostre Società di Eccellenza e Promozione sono perfettamente allineate con questa politica di promozione della linea verde e concordano a tal punto che abbiamo scelto - insieme - di estendere l´obbligo anche al Campionato carnico".
Approfondimenti
"Teniamo d´occhio le realtà territoriali"
Sulla situazione specifica di determinati territori, come ad esempio, il "suo" Abruzzo, interviene il Presidente del Comitato Daniele Ortolano: "Le nostre Società hanno capito il senso di questa riforma e si sono attrezzate per tempo - spiega il numero uno dei Dilettanti abruzzesi -,
ma in certi casi esistono delle difficoltà oggettive che rendono proibitiva la creazione di un settore giovanile adeguato. Il nostro Comitato ha - ad esempio - tre Società divise fra Eccellenza e Promozione che sorgono in centri con una popolazione al di sotto dei 500 abitanti. Pensare di creare un vivaio in queste realtà è davvero difficile ed è da questi club che nascono le lamentele maggiori nei confronti della riforma". Riforma da cancellare, quindi? Indubbiamente no, ma di sicuro serve qualche riflessione in più, alla luce delle risultanze "sul campo": "Abbiamo preparato le Società per tre anni e - di fatto - quasi tutte sono pronte. Chi però non ha, per scelta o per contingenze, un proprio settore giovanile ha fatto davvero fatica a mettersi in regola, dovendo oltretutto fare i conti con la concorrenza delle Società di Lega Pro, che cercano molti ´94, oltre a quella, normale, dei nostri club. Probabilmente potrebbe essere una buona idea quella di rivedere obblighi e norme alla luce della ´prova sul campo´ e delle nuova formula per la Primavera che partirà dal prossimo anno".
QUI TOSCANA
Un "paracadute" per gli "ex-giovani"
Clima disteso si respira anche in uno dei Comitati più popolosi e tradizionalmente votati alla promozione della "linea verde": "Sono quattro anni che il CR Toscana fissa stabilmente l´obbligo di impiego di tre giovani per il campionato di Eccellenza e Promozione - spiega il Presidente Fabio Bresci -. Per fornire un ´paracadute´ ai ragazzi più grandi, poi, abbiamo deciso di comune accordo con i club di mantenere dei vincoli di utilizzo anche in Prima e Seconda Categoria dove i club devono schierare ragazzi del 1989, ´90 e ´91". L´importante, secondo Bresci è non far cadere le cose "dall´alto" ma mantenere un proficuo e fertile dialogo con Società e tesserati. "In generale i nostri club sono contenti della riforma: è stata una scelta ampiamente condivisa durante i numerosi momenti di confronto sul territorio. Non a caso ci chiamano la ´regione delle assemblee´...". Qualche perplessità in più, a Coverciano, si percepisce invece sul tema del "Fidelizzato": "Credo sarebbe servito un periodo di sperimentazione adeguato prima di introdurre una riforma così importante ed incisiva sulla vita delle Società e, probabilmente, sarebbe stato opportuno ipotizzare una specie di ´autonomia regionale´ su questo tema, in modo che ogni territorio potesse fare adeguatamente i conti con i propri numeri".
La norma in sintesi
Stagione 2011/2012
Campionato di Eccellenza Un calciatore nato dall´1.1.1993 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi
Campionato di Promozione Un calciatore nato dall´1.1.1993 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi
Stagione 2012/2013
Campionato di Eccellenza Un calciatore nato dall´1.1.1995 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi "Fidelizzato"
(che abbia, cioè, maturato almeno un´intera stagione sportiva
di tesseramento con la stessa Società)
Campionato di Promozione Un calciatore nato dall´1.1.1995 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi
Nota Bene: va tenuto presente quanto stabilito per la corrente S.S. 2011-2012 e cioè che - previa ratifica del Consiglio di Presidenza della LND e fatta salva l´applicazione minima della norma stabilita dalla LND per l´impiego dei giovani in Eccellenza e in Promozione secondo i limiti anagrafici di cui alla tabella - i Comitati Regionali hanno, comunque, avuto facoltà di prevedere disposizioni aggiuntive a quelle previste dalla direttiva nazionale, sempre che non venisse superato il contingente complessivo di 4 calciatori giovani da schierare obbligatoriamente nei propri Campionati regionali di Eccellenza e Promozione.
Fonte: IL CALCIO ILLUSTRATO
Parliamo naturalmente di quella che nel gergo comune è passata come la politica dell´obbligo dei giovani avviata tre anni fa e giunta nel pieno funzionamento nella stagione corrente, oggetto di ampi confronti e concertazioni fra tutti i responsabili nazionali e regionali del sistema Lnd e da questi condivisa nelle loro singole aree d´intervento con le rispettive Società.
Un progetto che s´inserisce perfettamente nel disegno di rilancio dei vivai adottato dalla Figc sull´onda della débacle dei Mondiali 2010, peraltro lanciato dalla Lnd ben prima della disastrosa campagna azzurra del Sudafrica, a cui va il grande merito di portare avanti un´azione massiccia sul fronte della cultura sportiva e dell´educazione gestionale, accentuando l´attenzione da parte delle Società Lnd sull´importanza di "costruire in casa i talenti da promuovere per le proprie prime squadre", come ben sottolinea Arrigo Sacchi, responsabile delle Nazionali giovanili Figc, nel suo intervento pubblicato in queste pagine.
Omonimo di Sacchi per l´incarico sul fronte dilettantistico, in qualità di responsabile delle Rappresentative di Serie D e U18, Alberto Mambelli, Vice Presidente vicario della Lnd, mette l´accento sulla spinta che una reale politica di costruzione dei vivai può imprimere alla valorizzazione dei giovani dilettanti sulla scena professionistica, definendo la riforma voluta dalla Lega come un "percorso ineludibile", tanto più nella congiuntura politica ed economica che conosce oggi il nostro Paese.
Ma, si sa, al di là delle buone intenzioni e delle migliori costruzioni teoriche, nessun progetto ha possibilità di successo se non è fondato sulla concertazione e sulla condivisione da parte di coloro che fattivamente sono chiamati ad adottarlo, in questo caso le Società Lnd dalle Valle d´Aosta alla Sicilia.
Al di là delle innegabili perplessità e difficoltà registrate agli esordi, la riforma ha via via incontrato grande disponibilità da parte degli interessati e un diffuso consenso man mano che la sua adozione procedeva. Certo, non sono mancate contrarietà e difficoltà, restano tuttora riserve da sciogliere, ma nel complesso l´universo dei Dilettanti si riconosce nella linea strategica adottata dal suo vertice, interpretandola con molta più facilità di quanto non ci si potesse attendere. Ne abbiamo parlato con i Presidenti Regionali della Lnd, primi depositari della "rivoluzione giovanile Lnd", con cui abbiamo disegnato una mappatura "dell´intensità del verde" nelle diverse aree d´Italia.
Incentivare e non obbligare
E´ un verde molto intenso, ad esempio quello che colora la cartina della Calabria che, ha scelto di andare ben oltre il limite minimo stabilito dalla Lnd: "L´obbligo per l´Eccellenza è fissato a quattro ´Under´ - racconta il Presidente Saverio Mirarchi -. All´inizio c´è stato qualche ´borbottio´ fra le Società ma oggi, alla prova dei fatti, sono tutte molto tranquille. Le lamentele arrivano, al massimo, da qualche tecnico ma credo che sia un problema più di capacità di lavoro con i giovani che di carenza di ´materia prima´: i ragazzi nel nostro territorio non mancano e i club, in particolare quelli di Eccellenza che sono concentrati per la maggior parte nei grandi centri, sanno bene che senza sviluppare un buon settore giovanile non si può sperare di andare lontano. Non sarà certo un caso se, fra Eccellenza e Promozione non c´è società che decide di trascurare il campionato Juniores pagando la ´multa´".
Situazione non dissimile anche in Campania dove, racconta il Segretario Vincenzo Pastore, "l´obbligo di utilizzo dei giovani è stato introdotto nei campionati ben prima che diventasse vincolante a livello nazionale. Di conseguenza, le nostre Società non hanno avvertito nessun ´contraccolpo´ con l´introduzione di questa riforma, né al Comitato sono giunte lamentele o rimostranze. Trovo risibili le affermazioni di alcuni tecnici in merito all´inadeguatezza fisica o tecnica di questi ragazzi: se la Lega Pro sprona i suoi club all´uso dei giovani come possiamo pensare di non fare altrettanto noi Dilettanti, che rappresentiamo la base di tutto il movimento calcistico nazionale?".
Sulla stessa lunghezza d´onda anche i CR di Basilicata, Puglia ed Emilia Romagna: "Le nostre società - Spiega Pietro Rinaldi, numero uno dei Dilettanti lucani - hanno capito perfettamente che i giovani rappresentano il loro futuro, anche da un punto di vista economico. C´è stata ampia condivisione nei confronti della riforma". E non dissimili sono le voci che si levano da via Nicola Pende a Bari: "Abbiamo scelto di sottoporre alle Società una specie di referendum per decidere se limitarci all´obbligo ´nazionale´ o se innalzare il limite minimo a tre under - spiega Vito Tisci, Presidente del CR Puglia -. La maggioranza dei club si è pronunciata per la seconda opzione e oggi c´è davvero piena adesione". "In Eccellenza e Promozione - spiega Maurizio Minetti, Presidente del CRER - abbiamo innalzato l´obbligo a tre giovani su richiesta unanime delle società. In primavera abbiamo già previsto un tour di incontri con i club per fare il punto della situazione e capire come è andata la prova sul campo e quali eventuali correttivi prevedere".
A queste posizioni fanno eco quelle del CR Sicilia: "Nei nostri campionati - spiega il Presidente Sandro Morgana - l´utilizzo obbligatorio degli Under è una realtà consolidata da tempo, culmine di un percorso cominciato anni fa che ci ha portato ad avere fino a quattro Juniores obbligatori per le squadre che militavano in Eccellenza. Oggi siamo scesi a tre per permettere ai club di lavorare al meglio anche in vista dell´introduzione del calciatore fidelizzato. Stiamo svolgendo un´opera di informazione serrata e capillare affinché i club non si facciano cogliere impreparati: la prossima stagione non schierare il ´94 fidelizzato significherà perdere la partita ma le Società non potranno dire che ´non sapevano´..."
Sull´approccio alla comunicazione verso le società è concorde anche il Presidente del CR Umbria Luigi Repace: "Il nostro Comitato è stato davvero ´assillante´ con le Società interessate dalla riforma - spiega -, incluse quelle di Promozione che, in caso di vittoria e salto di categoria a fine stagione, non saranno esentate dall´obbligo di utilizzo del calciatore fidelizzato".
Nessuno scossone neppure in "casa" Piemonte-Val d´Aosta dove l´asticella dell´obbligo è fissata a quota tre giovani: "Quest´obbligo esiste già da tempo - spiega il Presidente Ermelindo Bacchetta - e, di conseguenza, le nostre Società non hanno mosso particolari critiche alla riforma in sé. Certo, qualche lamentela dettata dall´inserimento ´forzato´ dei ´94 per questa stagione e dei ´95 per la prossima c´è stata ma credo sia legittima: per pensare di far giocare ad un certo livello un ragazzo del ´94 per tutti i 90 minuti del match bisognerebbe pensare di riformare da subito anche i campionati Allievi uniformando la durata delle loro partite (oggi da 80´, ndr) a quella degli adulti".
Pollice su per la riforma, infine, anche a Roma, dove "Le Società sono davvero contente - spiega il Presidente del CR Lazio, Melchiorre Zarelli -: abbiamo optato per fissare l´obbligo a quattro giovani per l´Eccellenza e a tre per la Promozione, oltre ai quattro U21 previsti per la Serie C1 di Futsal. Credo che il calcio abbia bisogno di innovare e ´svecchiarsi´: non si può pensare di continuare a giocare ad alti livelli per tutta una vita. Si può continuare a ´giocare´, quello sì, ma i giovani devono essere la nostra priorità".
Il fronte dello scetticismo
Fra le numerosi voci entusiaste si leva anche qualche commento meno positivo. E´ il caso, ad esempio delle Società del Comitato Prov. Autonomo di Bolzano che, per un mix di situazioni legate sia alla geografia del territorio di riferimento che alla natalità, rischiano di trovarsi in affanno nel tentativo di rispettare l´obbligo. "Il nostro territorio è piccolo e non abbiamo ´grandi numeri´ in determinate annate - spiega il Presidente Karl Rungger -. Le società fanno fatica ad adeguarsi all´obbligo e penso proprio che ne farebbero molto volentieri a meno. Credo sia necessario studiare delle soluzioni alternative o, eventualmente, valutare la possbilità di lasciare ai Comitati una certa libertà di scelta" .
Di parere simile è anche il Presidente del CR Veneto, Fiorenzo Vaccari: "Le nostre Società non vivono bene questa imposizione: se un giovane è valido qui non ha nessuna difficoltà a trovare posto e, viceversa, è difficile spiegare ad un calciatore di 22 o 25 anni perchè da un anno all´altro si ritrova a non poter più giocare in Eccellenza ed è costretto a scendere in Prima Categoria per fare posto a ragazzi meno bravi di lui". E anche sul fronte economico questa riforma lascia qualche perplessità nelle Società venete: "Certo - prosegue- l´uso di giovani del proprio vivaio rappresenta un risparmio ma molti club sono ancora convinti che ´pagare´ il prestito di un ragazzo, scelta di certo non economica, sia meno gravoso che mantenere e sviluppare un settore giovanile adeguato. è un problema di ´cultura´ su cui sarà necessario lavorare ancora a lungo". Così come sul "Fidelizzato": "Sarà dura per le società e già mi immagino le difficoltà per la prossima stagione. L´idea alla base della riforma, quella di dare più spazio ai giovani, era assolutamente condivisibile. Ora credo che solo l´analisi della messa in pratica ci potrà dire se le società hanno davvero compreso il meccanismo. E soprattutto, se funziona".
L´idea della verifica sul campo convince anche Ettore Pellizzari, Presidente del Comitato Provinciale Autonomo di Trento: "Credo che fra qualche anno sarà necessario fare una ricerca sugli esiti di questa riforma e temo che il quadrò non sarà molto roseo. Nelle intenzioni, si tratta di una politica pienamente condivisibile ma l´applicazione a suon di obblighi non mi convince affatto: penso a tutti quei giovani che scenderanno in campo per obbligo e non per diritto ´conquistato´ sul campo, atleti che nel giro di un paio d´anni verranno ´dismessi´ perché non più utili... Personalmente ritengo che questo potrebbe favorire l´abbandono del calcio anche in età molto giovane e di sicuro questo non è positivo". E la posizione di Pellizzari è critica anche sul versante degli effetti della riforma sui campionati giovanili: "Ogni Società deve portarsi in prima squadra non meno di sei, sette ragazzi. Ma in questo modo cosa rimane delle squadre Juniores e Allievi? Non rischiamo, inoltre, di favorire un ´mercato al rialzo´ dei giovani?". "Secondo me - continua Pellizzari - avremmo dovuto valutare meglio le conseguenze della riforma, magari procedere a qualche sperimentazione e poi, nel caso di riscontri positivi, trasformarla in ´legge´. Una legge che, comunque, avrebbe dovuto prevedere, a mio parere, un sistema basato su incentivi più che su obblighi".
Un lavoro di rifinitura
Di sistema premiante e incentivante parla anche il Presidente del CR Marche, Paolo Cellini: "Ispirandoci alla Lega Pro abbiamo istituito premi di tipo economico, per l´Eccellenza e per la Promozione, basati sul calcolo dei minuti di effettivo utilizzo dei giovani: riteniamo che una Società che usa i giovani per più tempo meriti degli incentivi. In questo modo abbiamo favorito il recepimento della nuova norma e siamo andati incontro alle esigenze dei club che, dal punto di vista economico, non stanno vivendo un momento semplice". Favorendo l´utilizzo di più giovani per periodi più lunghi si contribuisce poi ad aumentare l´esperienza dei ragazzi "In modo che incontrino meno difficoltà a ricollocarsi nelle categorie maggiori una volta usciti dall´ombrello protettivo dell´obbligo". Un obbligo, comunque, che andrebbe esteso, secondo Cellini, "in alto e in basso": "Bisognerebbe intervenire anche a monte, in serie D, e a valle: occorre un meccanismo che armonizzi il tutto tenendo conto dei passaggi di categoria delle Società da un anno all´altro".
Posizioni condivise anche dal Presidente del CR Molise, Piero Di Cristinzi: "In caso di passaggio di categoria, la regola del Fidelizzato è davvero di difficile applicazione: il rischio è quello di trovarsi di fronte a squadre costrette ad abbandonare il campionato conquistato sul campo perché prive dei ragazzi necessari". Una situazione paradossale che potrebbe essere risolta tramutando l´obbligatorietà in meccanismo premiante: "Invece che penalizzare chi non può schierare in campo il fidelizzato, premiamo chi riesce a farlo e inneschiamo un meccanismo virtuoso che, al tempo stesso, ci mette al riparo dal rischio di perdere squadre lungo la strada. Oggi, con la regola della ´sconfitta a tavolino´ per chi non rispetta la norma, il rischio è proprio quello. Poniamo il caso di una società che da un anno all´altro ´smarrisca´ per strada sette fidelizzati - non è impossibile, vista l´età dei ragazzi -: dovremmo impedirle di iscriversi al campionato, retrocederla? No, credo che certe regole non possano funzionare a livello nazionale ma che servano ´declinazioni´ specifiche a seconda delle singole realtà territoriali".
Proposte verso il futuro
Fra le voci entusiaste e quelle un po´ più critiche ci sono poi quelle di chi, pur plaudendo e sostenendo la riforma, punta lo sguardo al futuro prossimo, rilanciando la possibilità di alcune correzioni "in corso d´opera", per rendere una buona riforma ancora migliore. E´ il caso del Presidente del CR Trentino Alto Adige, Osvaldo Carbonari: "Le norme ci sono e, sebbene con qualche difficoltà, le nostre Società si sono adattate e sono pronte a rispettare gli obblighi. Credo, tuttavia, che questa riforma vada in parte rivisitata raccogliendo tutti i dati emersi da questi primi anni di applicazione. Un esempio su tutti? Aver previsto lo stesso limite di età per Eccellenza e Promozione ha messo seriamente in difficoltà molti club, in particolare in zone dove i ´numeri´ del movimento sono più esigui. Basterebbe ipotizzare due limiti d´età diversi e tutto si semplificherebbe molto".
A spingersi oltre è il Presidente del CR Liguria, Antonio Sonno: "La regola è moderna e trova tutto il mio consenso ma è stata innestata su un ´telaio´ normativo che ha bisogno di essere svecchiato. Abbiamo permesso l´ingresso in Eccellenza e Promozione di Società prive di vivaio e questo ha dato inevitabilmente vita ad un ´mercato´ dei fuoriquota. In più abbiamo mantenuto l´obbligatorietà per la Juniores quando sono principalmente gli Allievi - e i Giovanissimi, se pensiamo, in prospettiva, al Fidelizzato - a fornirci i fuoriquota. Persino da noi in Liguria, dove i settori giovanili sono una realtà numerosa e diffusa capillarmente, si è creata una spiacevole ´compravendita´ dei ragazzi, mi immagino altrove, dove i numeri sono altri". Come correggere il tiro? Secondo il numero uno dei Dilettanti liguri la soluzione potrebbe essere quella di abbassare l´età della Juniores di un anno, "fermandola" a 17 anni. "A 18 non puoi più essere considerato un ´giovane´: basta pensare ai Prof. che cominciamo a monitorare e prendere sotto l´ala ragazzini di 12-13 anni... Di conseguenza andrebbe abbassata anche l´età degli Allievi, eliminando la ´Fascia B´ dove si convogliano quelli con un anno in meno".
Posizione condivisa anche dal Presidente del CR Sardegna, Andrea Delpin, fermo sostenitore della validità della riforma: "Parlare di giovani significa parlare di ragazzi fino ai 17: dovremmo davvero abbassare di un anno l´età degli Juniores e dare ad Allievi e Giovanissimi più tempo per svilupparsi, in particolare, sul piano fisico". Piccoli ritocchi che darebbero alla riforma le ultime "pennellate" per renderla praticamente perfetta: "Era una riforma necessaria - prosegue Delpin -: quasi sempre i presidenti preferiscono puntare su un giocatore più ´anziano´ impedendo a giovani promettenti di sviluppare sul campo le proprie doti. Ma un ragazzo ´bravino´ migliora solo se gioca! Uscito ´dall´ombrello´ dei fuoriquota, poi, avrà posto in squadra solo se è cresciuto, si è fatto valere ed ha mostrato le proprie capacità in campo: se a 22 anni non hai saputo conquistarti un posto da titolare è ora di pensare a fare qualcosa di diverso che non sia giocare a pallone". Pochi dubbi, quindi sull´opportunità o meno della riforma, e altrettante certezze sulla bontà della norma sul Fidelizzato: "Dobbiamo avere il coraggio delle nostre scelte: è una regola sacrosanta e va sostenuta, magari inserendo qualche correttivo ad hoc che tenga conto delle situazioni specifiche di promosse e retrocesse. Ma sulla sua ´opportunità´ non ho alcuna riserva: non si possono continuare a comprare giovani ´al bisogno´ per estrometterli quando non servono più per rispondere all´obbligo. Quando hai lavorato per anni su un ragazzo è inevitabile pensarci sopra due volte prima di lasciarlo andare..."
E quando si parla di "credere nei giovani" non si può che concludere con la provocatoria posizione di Felice Belloli, Presidente del CR Lombardia: "Giuseppe Bergomi è diventato Campione del Mondo a 17 anni: nei giovani bisogna credere sul serio, altrimenti sono solo belle parole. Personalmente, condivido questa riforma al 100% e anzi, penso proprio che i ´fuoriquota´ dovrebbero essere i giocatori ´anziani´. Immaginate come sarebbe entusiasmante vedere in campo solo 3 o quattro fuoriquota massimo trentenni in mezzo a squadre composte soltanto da veri giovani!".
Commenti > Arrigo Sacchi
"L´attenzione della Lnd sul tema della valorizzazione dei giovani è uno dei fattori che può aiutare il calcio italiano in quel progetto di rilancio dei vivai nazionali che la Figc ha avviato dopo il Mondiale 2010. Perché attraverso le sue rappresentative, l´U18 Dilettanti e la selezione di Serie D, la Lnd ha dimostrato la vitalità del calcio italiano di base, nei test con pari formazioni internazionali e di fronte ai club prof nella Viareggio Cup; e perché attraverso le normative sull´utilizzo dei giovani nei suoi campionati ha indicato alle società l´importanza di "costruire" in casa i talenti da promuovere per le prime squadre o da lanciare verso palcoscenici più importanti. E´ su questi due aspetti che si è basata parte del nostro lavoro in questo anno e mezzo: siamo riusciti a rinnovare il campionato Allievi Prof, in attesa di ridurre l´età della Primavera, per poi trovare il consenso sulla squadra "Riserve"; per le Nazionali Giovanili azzurre abbiamo scelto tecnici che lavorano secondo uno schema comune, mettendogli vicino osservatori che seguano i calciatori più validi nelle rispettive società, abbiamo ricostituito la Nazionale U15, avviando test internazionali di alto livello per confrontarci con le squadre europee più forti. Siamo consci che dobbiamo ancora lavorare sulle cause che hanno ridotto la competitività del calcio giovanile italiano: siamo indietro sulla quantità del lavoro settimanale, sui corsi di specializzazione e aggiornamento per i tecnici di base, sulla cultura del lavoro e della sconfitta, sugli investimenti dei prof per i vivai.
C´è poi molto da fare anche dal punto di vista tecnico e colgo l´occasione per rivolgermi alle società Dilettanti: ai dirigenti ricordo che la loro missione sportiva non può prescindere dagli investimenti sulle infrastrutture e sul materiale umano, i tecnici; agli allenatori voglio dire di avere il coraggio di puntare ad un calcio globale, basato su squadra corta, con reparti collegati e che sappia fare pressing, possesso palla e rapide transizioni, una squadra in cui tutti i calciatori siano coinvolti in un copione di gioco in grado di migliorare le individualità. Perché, il calcio è uno sport di squadra con momenti individuali, non uno spettacolo multiplo di solisti".
I commenti > Alberto mambelli
Nella discussione sull´utilizzo dei giovani nelle categorie dilettantistiche interviene il Vice presidente Vicario della Lega Nazionale Dilettanti Alberto Mambelli che, ricoprendo da anni il ruolo di responsabile delle rappresentativa di Serie D e di quella Under 18, ha uno spettro chiaro della situazione dei vivai italiani. "La politica adottata dalla Lega in riferimento all´impiego dei giovani è sacrosanta - afferma Mambelli -; certo può essere continuamente migliorata, infatti ogni anno il Consiglio della LND discute animatamente cercando di andare incontro alle esigenze del territorio, ma i risultati ci danno ragione". Le motivazioni sono tecniche ed economiche: "E´ indubbio che si tratti di un cambiamento culturale perché per non impoverire una rosa competitiva e non accrescere le spese del club bisogna iniziare ad investire sul settore giovanile: chi può contare sui propri ragazzi ha la possibilità di abbattere i costi e puntare su un calciatore che conosce già le dinamiche di squadra e società". D´altronde è un percorso ineludibile, anche perché pure la Federazione, con l´incarico per le nazionali giovanili affidato ad Arrigo Sacchi, ha imboccato questa direzione. In termini di valorizzazione dei talenti, sono centinaia i giovani di Lega che compiono il salto di categoria a fine stagione, molti di questi grazie alla vetrina offerta dalle rappresentative LND. "Ogni anno offriamo ai campionati professionistici ragazzi interessanti che oggi ritroviamo protagonisti in squadre importanti - sottolinea Mambelli -; i vari Cappelletti e Falcinelli (Sassuolo), Caputo (Bari) rappresentano la punta dell´iceberg, ma dietro di loro c´è un movimento che dimostra grande vitalità e qualità". Più che il terzo posto alla Viareggio Cup del 2009 ed i numerosi successi internazionale dell´Under 18, ai vertici della LND conta promuovere il lavoro svolto dalle società dilettantistiche, il vero bacino in cui pescare per ridare smalto al calcio italiano.
Dentro le regole
Il nodo delle "nobili decadute"
Discorso a parte, secondo il Presidente del CR Umbria, Luigi Repace, meritano le "nobili decadute", le società retrocesse dalla Serie D: "Nei prossimi Consigli di Lega sarà necessario confrontarsi per capire come gestire quei club dell´Interregionale che non potranno essere in regola sul piano del ´fidelizzato´ in virtù del fatto che non hanno un settore giovanile proprio. Credo comunque che si tratti semplicemente di prevedere dei correttivi, non certo di abbandonare un progetto perseguito con tenacia da oltre tre anni".
E sulle retrocesse dalla Serie D punta l´attenzione anche Renzo Burelli, Presidente del CR Friuli Venezia Giulia: "Credo che alcuni club, in particolare quelli nella massima serie dilettantistica, non abbiamo capito esattamente la portata della riforma che introduce il calciatore fidelizzato e non si stiano organizzando per tempo in vista di una possibile ´discesa´ verso l´Eccellenza. Dovremo valutare bene come gestire questo tipo di situazioni". Situazioni che non rappresentano, invece, un problema per i club già impegnati nelle competizioni regionali: "Probabilmente, se non fossero i media a parlarne creando un ´caso´, nessuno si stupirebbe di questa riforma - incalza il Presidente Burelli -. Le nostre Società di Eccellenza e Promozione sono perfettamente allineate con questa politica di promozione della linea verde e concordano a tal punto che abbiamo scelto - insieme - di estendere l´obbligo anche al Campionato carnico".
Approfondimenti
"Teniamo d´occhio le realtà territoriali"
Sulla situazione specifica di determinati territori, come ad esempio, il "suo" Abruzzo, interviene il Presidente del Comitato Daniele Ortolano: "Le nostre Società hanno capito il senso di questa riforma e si sono attrezzate per tempo - spiega il numero uno dei Dilettanti abruzzesi -,
ma in certi casi esistono delle difficoltà oggettive che rendono proibitiva la creazione di un settore giovanile adeguato. Il nostro Comitato ha - ad esempio - tre Società divise fra Eccellenza e Promozione che sorgono in centri con una popolazione al di sotto dei 500 abitanti. Pensare di creare un vivaio in queste realtà è davvero difficile ed è da questi club che nascono le lamentele maggiori nei confronti della riforma". Riforma da cancellare, quindi? Indubbiamente no, ma di sicuro serve qualche riflessione in più, alla luce delle risultanze "sul campo": "Abbiamo preparato le Società per tre anni e - di fatto - quasi tutte sono pronte. Chi però non ha, per scelta o per contingenze, un proprio settore giovanile ha fatto davvero fatica a mettersi in regola, dovendo oltretutto fare i conti con la concorrenza delle Società di Lega Pro, che cercano molti ´94, oltre a quella, normale, dei nostri club. Probabilmente potrebbe essere una buona idea quella di rivedere obblighi e norme alla luce della ´prova sul campo´ e delle nuova formula per la Primavera che partirà dal prossimo anno".
QUI TOSCANA
Un "paracadute" per gli "ex-giovani"
Clima disteso si respira anche in uno dei Comitati più popolosi e tradizionalmente votati alla promozione della "linea verde": "Sono quattro anni che il CR Toscana fissa stabilmente l´obbligo di impiego di tre giovani per il campionato di Eccellenza e Promozione - spiega il Presidente Fabio Bresci -. Per fornire un ´paracadute´ ai ragazzi più grandi, poi, abbiamo deciso di comune accordo con i club di mantenere dei vincoli di utilizzo anche in Prima e Seconda Categoria dove i club devono schierare ragazzi del 1989, ´90 e ´91". L´importante, secondo Bresci è non far cadere le cose "dall´alto" ma mantenere un proficuo e fertile dialogo con Società e tesserati. "In generale i nostri club sono contenti della riforma: è stata una scelta ampiamente condivisa durante i numerosi momenti di confronto sul territorio. Non a caso ci chiamano la ´regione delle assemblee´...". Qualche perplessità in più, a Coverciano, si percepisce invece sul tema del "Fidelizzato": "Credo sarebbe servito un periodo di sperimentazione adeguato prima di introdurre una riforma così importante ed incisiva sulla vita delle Società e, probabilmente, sarebbe stato opportuno ipotizzare una specie di ´autonomia regionale´ su questo tema, in modo che ogni territorio potesse fare adeguatamente i conti con i propri numeri".
La norma in sintesi
Stagione 2011/2012
Campionato di Eccellenza Un calciatore nato dall´1.1.1993 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi
Campionato di Promozione Un calciatore nato dall´1.1.1993 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi
Stagione 2012/2013
Campionato di Eccellenza Un calciatore nato dall´1.1.1995 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi "Fidelizzato"
(che abbia, cioè, maturato almeno un´intera stagione sportiva
di tesseramento con la stessa Società)
Campionato di Promozione Un calciatore nato dall´1.1.1995 in poi
Un calciatore nato dall´1.1.1994 in poi
Nota Bene: va tenuto presente quanto stabilito per la corrente S.S. 2011-2012 e cioè che - previa ratifica del Consiglio di Presidenza della LND e fatta salva l´applicazione minima della norma stabilita dalla LND per l´impiego dei giovani in Eccellenza e in Promozione secondo i limiti anagrafici di cui alla tabella - i Comitati Regionali hanno, comunque, avuto facoltà di prevedere disposizioni aggiuntive a quelle previste dalla direttiva nazionale, sempre che non venisse superato il contingente complessivo di 4 calciatori giovani da schierare obbligatoriamente nei propri Campionati regionali di Eccellenza e Promozione.
Fonte: IL CALCIO ILLUSTRATO